Per favorire la compravendita di immobili, in un mercato che ha rallentato il passo dopo l’accelerata degli anni scorsi, sono state introdotte nuove tipologie di contratti. Uno di questi è il rent to buy, letteralmente “affitto per comprare”, che nasce dal diritto anglosassone, ma sta conoscendo una certa diffusione anche nel nostro Paese, dove è stato introdotto nel 2014 con il Decreto Legge 133/2014, il cosiddetto Sblocca Italia, che, ufficialmente, parla di “disciplina dei contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili”. Consentendo da subito l’utilizzo dell’immobile, è pensato come un aiuto per chi non ha sufficiente liquidità per comprare casa o i requisiti necessari per accendere un mutuo.
Come funziona il contratto
Il rent to buy è un tipo di contratto in cui si fondono l’accordo di locazione e il preliminare di vendita di un immobile. Come spiega il Consiglio Nazionale del Notariato, significa che il proprietario consegna fin da subito l’immobile al conduttore-futuro acquirente, il quale paga il canone e, dopo un certo periodo, il conduttore può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo una parte dei canoni pagati. L’Agenzia delle Entrate sottolinea che il rent to buy si divide in due fasi, la prima in cui il proprietario dell’immobile concede al conduttore l’immediato godimento del bene e una successiva caratterizzata dall’esercizio o meno del diritto di acquisto da parte del conduttore, con l’imputazione di una quota dei canoni al prezzo del trasferimento. Inoltre, sono previsti: l’immediata concessione in godimento di un immobile verso il pagamento di canoni, il diritto del conduttore di acquistare successivamente il bene e l’imputazione di una quota dei canoni, nella misura indicata nel contratto, al corrispettivo del trasferimento.
L’inquilino è obbligato al riscatto?
Scaduto il tempo concordato per l’affitto l’inquilino non è obbligato a procedere all’acquisto della casa. Come chiarisce ancora il Consiglio Nazionale del Notariato, in questo caso, ovvero quando al termine della scadenza non si passa alla fase di vendita, il venditore subisce un evidente danno, in quanto potrà soltanto esercitare il diritto di trattenere le somme ricevute come canone d’affitto. Salvo diverso accordo tra le parti, il venditore ha l’obbligo di restituire il denaro ricevuto in qualità di acconto sul prezzo, perché le somme ricevute a titolo di acconto, e non di caparra, prevedono la loro restituzione in caso di mancata conclusione della vendita.
Come tutelare il proprietario
Alla luce di quanto spiegato nel paragrafo precedente, per tutelare anche il venditore è bene aggiungere apposite clausole all’interno del contratto preliminare di vendita (per esempio la restituzione solo parziale dell’acconto o il versamento di una caparra). Da tenere presente che, in caso di mancato pagamento dei canoni o se l’inquilino che non procede all’acquisto non volesse liberare l’immobile, la procedura da avviare non è quella di sfratto ma di rilascio del bene (molto più breve e meno costosa). Per poterla seguire sarà necessario prevedere apposite clausole nel contratto. Inoltre, aggiunge il Consiglio Nazionale del Notariato, è opportuno che il canone fissato sia più elevato rispetto a un normale canone di locazione e che la parte che il proprietario potrà trattenere, nel caso in cui non si arrivi alla vendita, sia concordata in modo che il venditore sia adeguatamente indennizzato per la mancata conclusione della transazione.
La normativa fiscale, cosa sapere
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 19 febbraio 2015 chiarisce gli aspetti fiscali, ai fini delle imposte dirette e indirette, del rent to buy, previsto dal Decreto Legge Sblocca Italia. Il testo spiega, innanzitutto, che questi contratti sono diversi dalla locazione finanziaria e ne ricostruisce lo schema essenziale. Il trattamento fiscale del rent to buy tiene conto della struttura del contratto e, dunque, per quanto riguardo le imposte, distingue tra la fase di godimento del bene e quella in cui vi è l’esercizio del diritto di acquisto. Per quanto riguarda il godimento dell’immobile deve essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione. Sui canoni corrisposti, l’articolo 23 chiarisce che si imputa al corrispettivo del trasferimento una quota di canone indicata nel contratto. Questa quota, che ha natura di anticipazione del corrispettivo del trasferimento, deve essere assimilata agli acconti prezzo della successiva vendita dell’immobile. In caso di esercizio del diritto di acquisto dell’immobile si applica la normativa prevista per i trasferimenti immobiliari, sia ai fini delle imposte dirette sia di quelle indirette.
Quali sono i benefici?
Per chi vende il vantaggio principale è la possibilità di trovare un numero più elevato di potenziali acquirenti e di liberarsi più facilmente di immobili difficili da vendere o rimasti senza acquirente. Una possibile difficoltà sta nel fatto che il conduttore decida di non comprare la casa o che il proprietario si ritrovi con l’immobile occupato dal conduttore divenuto inadempiente, dovendo così fare ricorso al giudice per liberare il bene e venderlo ad altri. Per chi compra il beneficio più significativo è la possibilità di sottoscrivere un contratto preliminare di compravendita e di godere fin da subito di un immobile senza necessariamente acquistarlo. Inoltre, al termine della fase transitoria, le probabilità di erogazione di un mutuo per l’acquisto della casa saranno maggiori per vari motivi: il compratore richiederà un mutuo di importo minore e l’aver versato regolarmente i canoni d’affitto darà la possibilità al mutuatario di essere considerato un buon pagatore.
Numeri alla mano: un esempio
Si consideri la vendita di un appartamento per il prezzo di 100.000 euro. Il canone mensile è convenuto in 1.000 euro mensili. Una parte di questo prezzo, per esempio 500 euro, è dato per il godimento del bene, come se fosse un normale affitto. E questa parte si “perde”, proprio come in una normale locazione. Il residuo, cioè i 500 euro mancanti, si imputano al prezzo (cioè sono come un acconto sul prezzo di vendita), per cui hanno come effetto quello di ridurre il prezzo finale di vendita. Se dopo 5 anni il conduttore deciderà di acquistare il bene non dovrà pagare 100.000 euro, ma 70.000 euro, perché 30.000 sono già stati pagati con parte dei canoni.
I vantaggi |
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Il proprietario/venditore | Il conduttore/acquirente |
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