Il segreto per rendere le costruzioni più resistenti ai terremoti? È contenuto nel regolamento borbonico, che ispirò la ricostruzione di molte città rase al suolo dal terribile terremoto del 1783. Fu proprio a causa di quel sisma che morirono quasi 30.000 persone e furono spazzati via i centri abitati di Reggio Calabria e Messina, con perdite umane e materiali incalcolabili. Le conseguenze politiche, economiche e sociali causate dal sisma spinsero i sovrani del Regno delle Due Sicilie a redigere le prime norme antisismiche a livello europeo. Queste norme imposero una tecnica costruttiva particolarmente efficace, tanto da spingere gli studiosi del Cnr-Ivalsa di San Michele all’Adige e dell’Università della Calabria a esaminarle attentamente.
Cemento armato? No, legno calabrese
I Borboni raccolsero le tecniche costruttive usate sugli edifici dell’epoca sparsi per tutta Europa, che si erano dimostrati particolarmente solidi e resistenti ai fenomeni sismici. Zone come i Balcani, la Grecia, la Turchia, ma anche il Portogallo, hanno dovuto fare di necessità virtù, sviluppando nel corso del tempo nuovi metodi per rendere le abitazioni più resistenti alle scosse telluriche. È così che nasce la “casa baraccata”, all’interno delle cui pareti murarie è inserita un’armatura in legno, vero elemento innovativo in grado di assicurare maggior elasticità e resistenza all’edificio. L’efficacia della tecnica costruttiva imposta dai Borboni emerse già dai terremoti del 1905 e del 1908, che pur dotati di una grande intensità (magnitudo 6,9 secondo la scala Richter) non provocarono nei nuovi edifici danni significativi o collassi. Insomma, gli edifici costruiti con l’armatura lignea a sostenere le murature si sono dimostrati realmente solidi e capaci di resistere alle scosse telluriche durante i secoli.
Il Palazzo del Vescovo di Mileto come esempio
Un edificio su tutti, resistito per oltre 200 anni e tutt’ora in piedi, è stato preso come esempio dal team di scienziati del Cnr nel 2013: il palazzo del Vescovo di Mileto. Questo imponente edificio, attualmente in stato di abbandono e degrado, è stato analizzato dagli scienziati, che hanno scelto di replicare la sua struttura muraria in laboratorio per poterla sottoporre a dei test. I risultati sono stati sorprendenti: le pareti sostenute dalla “rete” di legno hanno resistito alle forti oscillazioni indotte, che simulavano un fenomeno sismico importante, dimostrando l’efficacia della tecnica. Per le prove, la sezione muraria ricreata è stata sottoposta a una serie di spostamenti alternati nelle due direzioni via via crescenti, simulando le sollecitazioni di un vero terremoto. I telai in legno di castagno calabrese non hanno ceduto e sono rimasti quasi completamente integri, così come i muri, che hanno subìto solo qualche piccola espulsione di muratura.
Tecnologia antica per case nuove e sicure
I risultati importanti emersi da questo esperimento portano alla ribalta la validità di una tecnica costruttiva plurisecolare, ma che potrebbe potenzialmente rivelarsi molto efficace nelle zone ad alto rischio sismico. Perché, dunque, non recuperare questa tecnologia che ha radici storiche così profonde nel nostro territorio? Se le tecniche privilegiate fino ad ora si sono concentrate sulla camicia di cemento armato per le murature, la sostituzione in favore del legno potrebbe essere una soluzione in grado di evitare conseguenze catastrofiche per le zone a rischio. I risultati degli studi sono stati presentati a Cosenza, nel 2013, in occasione dell’incontro internazionale H.Ea.R.T. (Historic Earthquake-Resistant Timber Frames in the Mediterranean Area) organizzato da Unical e Cnr-Ivalsa in collaborazione con le Università di Minho, Atene, Istanbul e con l’ICOMOS Wood Scientific Committee.