Il mercato immobiliare italiano riesce a contenere l’impatto del Covid, con una chiusura d’anno migliore rispetto alle stime più rosee definite nel corso del 2020: ci si prospettava infatti un calo delle compravendite immobiliari pari al 17,1%, mentre l’anno si è chiuso con il 7,7% di transazioni in meno rispetto al 2019. Questa l’estrema sintesi del quadro emergente dal primo Osservatorio di Nomisma del 2021, presentato nella giornata di martedì 30 marzo, in diretta streaming, come accade da un anno a questa parte. Vediamo nel dettaglio le evidenze più interessanti, per arrivare, poi, alle prospettive per il prossimo futuro.
Mercato immobiliare 2020: bilancio finale migliore delle attese
Lo scenario macroeconomico: il contesto più ampio in cui si muove l’immobiliare
A livello macroeconomico ci sono alcune considerazioni da tenere a mente per comprendere i movimenti del mercato immobiliare. Innanzitutto, il bilancio del 2020 non si è rivelato migliore delle previsioni solamente per il comparto immobiliare, ma anche per il contesto economico più ampio: a livello mondiale, il PIL era previsto per la fine del 2020 in calo del 4,4%, mentre il risultato finale si è assestato a un punto percentuale in meno. Anche per l’Italia le previsioni erano peggiori: il PIL italiano era previsto in calo del 10,6% al termine del 2020, mentre la decrescita reale si è fermata al -8,9%. Nel frattempo, iniziano a delinearsi le stime di crescita per il 2021: per l’Italia si prospetta un ritorno in campo positivo, con una chiusura del 2021 intorno al 4,1%. Interessante, in particolare, il confronto di questo dato con la crescita prospettata invece per la Germania – benchmark abituale per l’andamento dell’economia italiana – per la quale si prevede un +3% a fine 2021.
Quali sono le ricadute dello scenario macroeconomico sul mercato immobiliare
Come si traduce lo scenario fin qui tracciato in termini immobiliari? A fronte di un calo del PIL significativo e di una reazione immediata del clima di fiducia, nel corso del 2020, in realtà, le intenzioni d’acquisto nei confronti degli immobili non sono calate. Come spiegare questo fenomeno? Probabilmente, si tratta di una difficoltà a portare sul piano personale e sul bilancio familiare le condizioni economiche che si configurano a livello più ampio. A impattare su questa percezione, probabilmente anche tutte le misure di sostegno erogate dal governo a famiglie e imprese per fronteggiare l’emergenza Covid.
Nonostante questa diffusa percezione positiva sui bilanci familiari, gran parte delle famiglie italiane si dichiara consapevole del fatto che l’acquisto di un immobile per loro sia vincolato dall’erogazione di un mutuo (8 famiglie su 10). Peraltro, in questo momento storico, l’accesso al credito per l’acquisto immobiliare è di molto facilitato rispetto al passato: i tassi di interesse per i mutui continuano a essere convenienti come mai, ma anche dal punto di vista dei bilanci bancari si configura un maggior livello di salute rispetto ai crediti erogati in periodi precedenti. Due fattori, questi, che indicano un supporto importante e continuo da parte del sistema bancario al settore immobiliare.
Le erogazioni nette di mutui sono state di molto superiori rispetto a quanto previsto inizialmente per il 2020, dato che ha impattato di certo sul volume di compravendite residenziali registrate: lo scorso anno si è concluso con un calo complessivo di transazioni di immobili a uso abitativo inferiore del 7,7% rispetto al 2019. Una variazione che porta il segno meno, ma che ha rappresentato una sorpresa positiva rispetto alle stime iniziali, con un recupero da attribuire principalmente agli ultimi mesi dell’anno appena chiuso.
Quali sono le prospettive? Dall’Osservatorio emerge spazio per tracciare alcune previsioni ed evoluzioni per il mercato immobiliare residenziale, seppure con grande incertezza, visto lo scenario economico attuale, che muta le sue forme con grande velocità. Di base, Nomisma si prospetta per i prossimi anni una situazione di sostanziale stabilità rispetto a quanto osservato nel 2020, con una stima di immobili compravenduti che viaggia intorno alle 600.000 unità all’anno.
Acquisiti di immobili residenziali: le preferenze degli italiani
L’osservatorio Nomisma conferma definitivamente la tendenza delineatasi nel corso del 2020 relativamente ai luoghi prediletti dalle famiglie italiane per l’acquisto degli immobili: la domanda si sposta sempre di più verso l’hinterland e le località più piccole. Il calo della richiesta di immobili nelle grandi città può essere sicuramente motivato dalla ricerca di condizioni economiche più favorevoli per l’acquisto. Bisogna però tenere a mente, nell’interpretazione di questi dati che, seppur gran parte degli acquisti residenziali venga sostenuta dal credito bancario, esiste sempre una fetta di popolazione che gode di un’immutata ricchezza, spesso indirizzata proprio nei confronti del settore immobiliare, che continua a essere visto come un settore solido, in cui riporre i propri investimenti. L’investimento, nel 2020, avviene non tanto per una messa a reddito degli immobili, quanto più per l’utilizzo in prima persona o per un’idea radicata di salvaguardia di capitali che si attribuisce all’investimento immobiliare.
A dettagliare maggiormente la domanda immobiliare ai tempi del Covid, Nomisma fornisce inoltre alcuni trend elaborati sulla base di interviste effettuate a operatori del settore immobiliare. Quali sono le evidenze? Di base, gli italiani prediligono l’acquisto rispetto alla locazione per la scelta di una soluzione abitativa, scegliendo immobili più grandi rispetto al passato e con spazi verdi. Grande attenzione anche alla qualità degli immobili e al fattore sostenibilità: il risparmio energetico sembra essere sempre più fondamentale nell’elezione dell’immobile da acquistare.
Un focus sul non residenziale: quali sono i trend e quali le prospettive per il futuro
Anche per quanto riguarda il comparto non residenziale alla fine del 2020 si è assistito a un certo miglioramento del settore, contro ogni aspettativa. L’impatto del deteriorato scenario economico generale è infatti molto più evidente per questo comparto, in particolare per le attività collegate agli esercizi commerciali dedicati a vendita al dettaglio e ristorazione. La resistenza del non residenziale nel suo complesso, infatti, è con molta probabilità da ricondurre alla componente rappresentata da immobili come magazzini e strutture a uso logistico.
Nel frattempo, cresce la propensione allo smartworking, soprattutto per quanto riguarda il lavoro d’ufficio: un trend che sta avendo e avrà nel futuro ulteriori e inevitabili ricadute sul mercato non residenziale, con particolare focus sugli immobili a uso ufficio. Da non sottovalutare, in questo senso, anche l’istruzione, che sembra indirizzarsi a sua volta sempre più verso forme d’erogazione digitali, così come le attività assicurative e bancarie, per le quali cresce la propensione degli italiani all’informazione e alla sottoscrizione di prodotti online invece che fisicamente.
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