Se fotografassimo il patrimonio immobiliare italiano, come lo troveremmo? Quali immobili sono stati costruiti in misura maggiore? A queste domande risponde l’Agenzia delle Entrate, che fornisce uno spaccato minuzioso del patrimonio immobiliare italiano, secondo i dati raccolti fino al 31 dicembre 2015.
Le informazioni elaborate dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare, in collaborazione con la Direzione Catasto, Cartografia e Pubblicità immobiliare, ci offrono interessanti spunti di riflessione.
Vediamone alcuni assieme.
Il patrimonio immobiliare italiano è in crescita
Lo stock immobiliare italiano nel 2015 è aumentato di 371 mila unità, raggiungendo la cifra di 73,9 milioni di unità, con una crescita dello 0,6% rispetto all’anno precedente. Quasi l’88% di questi immobili è di proprietà di persone fisiche, mentre solo il 12% del totale appartiene a persone non fisiche. Crescono le abitazioni, che aumentano di 80 mila unità, le unità immobiliari appartenenti alla categoria catastale F ( + 2,4%), che rappresentano unità immobiliari non idonee a produrre reddito, e aumentano anche le unità a destinazione speciale (+ 1,6%) e ad uso collettivo (+1%).
Ci troviamo di fronte ad un panorama immobiliare che vede circa 64,2 milioni di unità classificate nelle categorie catastali ordinarie (gruppi A, B e C) e speciali (D), con attribuzioni di rendita. Oltre 3 milioni di unità sono censite, invece, nelle categorie catastali del gruppo F, che rappresentano unità non idonee a produrre reddito, mentre oltre 6 milioni di unità costituiscono beni comuni non censibili (unità di proprietà comune o che non producono reddito).
Le unità immobiliari abitative
Grazie alle 80 mila unità costruite nel 2015, il numero complessivo delle abitazioni sul suolo italiano raggiunge quota 34,8 milioni. Guardando più nel dettaglio notiamo un aumento delle abitazioni civili (+0,7%), di tipo economico (+0,4%) e di ville e villini (+0,9%). Diminuiscono, invece, di circa l’11% le abitazioni signorili e le abitazioni popolari, e calano del 4% circa le abitazioni di tipo ultrapopolare e rurale. Quasi il 92% del totale delle abitazioni è di proprietà di persone fisiche, e la superficie media stimata risulta essere pari a 117 metri quadri.
I dati sulle rendite catastali
La rendita catastale complessiva attribuita all’intero stock immobiliare italiano nel 2015 ha raggiunto i 37,5 miliardi di euro, con un +0,1% rispetto al 2014. Il 60% circa di questa rendita complessiva deriva da immobili di proprietà di persone fisiche (22,6 miliardi di euro), mentre il restante 40% (14,9 miliardi di euro) è detenuto da persone non fisiche.
Entrando nel particolare, la rendita catastale complessiva per le abitazioni raggiunge i 16,8 miliardi di euro, mentre la media della rendita catastale di un’abitazione è di circa 480 euro, con punte che possono superare i 4 mila euro per le case di maggior pregio.
Sorprese dalla categoria F
All’interno della categoria F vi sono immobili censiti al solo fine inventariale, e quindi non producono reddito, che hanno raggiunto i 3,2 milioni di unità. Ma quali sono, precisamente, gli immobili interessati?
Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio si tratta soprattutto di aree urbane (F/1), e lastrici solari (F/5), ossia di quelle unità prive di autonomia reddituale, e che non contribuiscono ad incrementare il reddito. Poi ci sono le unità in corso di costruzione (F/3), di definizione (F/4) o in attesa di dichiarazione (F/6), che sono state inserite nella categoria temporaneamente, in attesa di una classificazione rispondente alle definitive caratteristiche che assumeranno.
La categoria maggiormente interessante, è però costituita dalle cosiddette “unità collabenti” (F/2). Parliamo di circa 460 mila unità e si tratta di immobili che hanno perso la propria capacità reddituale in quanto ridotti a ruderi. Questa tipologia ha subito, rispetto all’anno 2014, una significativa impennata del 3,9%.
Per Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, il dato è certamente significativo, anche se è il confronto con il periodo pre-Imu ad essere impietoso: rispetto al 2011, infatti, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono aumentati del 65%, passando da 278.121 a ben 458.644 (+180.523).
Questi dati, che poco spazio lasciano all’immaginazione, segnalerebbero una chiara tendenza all’abbandono degli edifici. Non riuscendo a sostenere le spese di mantenimento e la grande tassazione patrimoniale introdotta dal 2012, sarebbero gli stessi proprietari di casa a lasciare deperire gli immobili, fino a far loro perdere le caratteristiche che li rendono tali.